Integrazione

 

Integrazione Firenze-Pisa / Sinergie operative

L’integrazione operativa attuabile tra gli aeroporti di Firenze e Pisa sta nel rafforzamento dei ruoli e delle specializzazioni possibili già in essere, dettate dalle localizzazioni delle strutture, dai bacini d’utenza primari dei due scali, dalla loro elevata distanza (80 km) e dalle diverse caratteristiche strutturali. Un rafforzamento che dovrebbe portare alla creazione di un vero sistema aeroportuale regionale e che ha come precondizione la realizzazione delle infrastrutture carenti o mancanti necessarie per il funzionamento del sistema stesso, con priorità per la nuova pista di Firenze senza la quale lo scalo fiorentino continuerebbe non poter svolgere adeguatamente il ruolo già riconosciutogli sulla carta, facendo venir meno uno dei perni del sistema.

Per quanto riguarda i voli, Pisa è e resta prima di tutto il principale scalo di riferimento per i vettori low cost, Firenze il principale scalo di riferimento per i vettori tradizionali. In questa specializzazione di massima, Pisa potrà mantenere una propria quota di vettori tradizionali per voli con gli hub che i vettori ritengono di operare a servizio del bacino della costa; Firenze potrà gestire un quota di vettori low cost che si posizionano sulle rotte principali e sugli scali maggiori.

Pisa manterrà un’esclusività per i voli intercontinentali, soprattutto charter e merci ed eventualmete di linea, per i voli con velivoli di grandi dimensioni (linea, charter, merci, privati e di Stato), per gran parte del traffico merci e charter. Firenze continuerà a gestire una quota di charter (soprattutto charter “dedicati”, originati da eventi che si tengono nel bacino dello scalo) e potrà eventualmente accogliere una quota di traffico merci effettuata dai corrieri aerei. Entrambi gli scali continueranno a gestire l’aviazione generale, compatibilmente alle limitazioni esistenti sulle due strutture (pista e piazzali per Firenze, piazzali per Pisa).

Per quanto riguarda la tipologia di utenza, Pisa continuerà ad avere una specializzazione di massima nel traffico turistico (soprattutto connesso ai nuovi flussi incoming verso la Toscana generati dai voli low cost) e Firenze nel traffico business. Ma allo stesso tempo Pisa continuerà ad avere una quota di traffico business (che peraltro si rivolge anche ai voli low cost) e Firenze quote importanti di traffico turistico, che utilizza anche i normali voli (non low cost). Entrambi hanno e mantengono traffico etnico (da/per le regioni o i paesi di origine).

Su alcune direttrici (sud Italia, grandi città ed aree metropolitane del continente europeo e del bacino del Mediterraneo) potrà continuare una parziale sovrapposizione d’offerta, gestita anche dagli stessi vettori e regolata dalla domanda dei rispettivi bacini d’utenza (come in vari casi avviene già e com’è usuale per importanti realtà regionali). Pisa manterrà una maggiore varietà di destinazioni turistiche o etniche, con centri minori e regioni periferiche (sviluppate soprattutto da Ryanair). Firenze rafforzerà i collegamenti con gli hub e le grandi capitali e città del continente europeo e del bacino del Mediterraneo.

Al di là di queste differenziazioni di massima, tra scali distanti come Firenze e Pisa (80 km) non sono possibili suddivisioni più nette nella spartizione di destinazioni, di vettori o tipologie di aerei. Non sarebbe pensabile impedire a chi vola per turismo di usare il “Vespucci” di Firenze o a chi vola per lavoro di utilizzare il “Galilei” di Pisa. Non sarebbe pensabile chiudere totalmente il “Vespucci” alle low cost (ormai presenti, pur in misura diversa, su qualunque aeroporto commerciale) e chiudere il “Galilei” ai vettori tradizionali (come British Airways, Lufthansa o Alitalia). Non sarebbero possibili suddivisioni tra traffico nazionale e internazionale o tra tipologie di velivoli oltre quelle già indotte dalle differenti dimensioni delle piste che in ogni caso rimarranno.

Questo potrà essere in linea di massima il sistema aeroportuale toscano, se sarà messo in grado di funzionare con strutture efficienti che colmino le attuali gravi carenze di capacità della regione (su tutte la pista di Firenze). Non è un sistema propriamente corretto, in quanto viziato alla base dall’assetto anomalo creato negli anni settanta con la cancellazione del nuovo scalo di Firenze a San Giorgio a Colonica e che da allora caratterizza la Toscana: il fatto cioè che il principale bacino d’utenza della regione – l’area fiorentina e la Toscana centrale – sia servita dall’infrastruttura più piccola, mentre la struttura di maggiori dimensioni sia a grande distanza ed in altra area regionale (area della costa), oltre che ospitata su una base militare strategica.

Un assetto anomalo, non ritrovabile in alcuna altra realtà nazionale e internazionale e che impedisce alla Toscana di assumere il ruolo di terzo polo aeroportuale italiano potenzialmente realistico (lasciato al Veneto) e quello di principale polo aeroportuale dell’Italia centrale (lasciato al sistema dell’Emilia Romagna incentrato su Bologna). Un assetto anomalo che però è ormai consolidato e che, pur confermando la Toscana come una delle regioni italiane ed europee più deboli in infrasrutture aeroportuali, deve essere valorizzato al massimo sfruttando a pieno le capacità di entrambi i due principali scali toscani.

Integrazione Firenze-Pisa / Gestione

La questione della sinergia tra le società di gestione degli aeroporti di Pisa (SAT) e Firenze (prima SAF, poi ADF) ha caratterizzato il dibattito sugli scali toscani per decenni. Per molti anni però questo proposito si è identificato con la volontà politica di creare un soggetto unico che di fatto bloccasse i progetti per lo scalo fiorentino e perseguisse lo sviluppo del traffico aereo toscano sull’aeroporto di Pisa. Tale soggetto per lungo tempo non si è concretizzato, mentre le politiche aeroportuali regionali hanno comunque fermato o frenato negli anni gran parte delle opere e dei progetti previsti per il “Vespucci” di Firenze e contraddetto il concetto di sistema con approcci del tutto differenziati verso gli stessi aspetti della questione afferenti ai due scali toscani (infrastrutturali, ambientali, urbanistici, ecc.).

L’ipotesi d’integrazione è tornata ad essere più realistica e concreta quando si è accompagnata alla pianificazione di progetti di adeguamento e sviluppo anche dello scalo fiorentino. Ipotesi prima identificata nello studio di una holding tra i soci pubblici delle due società aeroportuali, quindi concretizzata con il processo di acquisizione delle quote di maggioranza di SAT e ADF da parte di unico soggetto privato e poi con la fusione societaria che ha dato vita alla nascita ufficiale (2015) della società unica (Toscana Aeroporti).

In realtà il processo inerente l’aspetto gestionale, posto spesso come tema centrale per il sistema aeroportuale toscano, ha sempre rivestito un aspetto secondario rispetto al vero problema della regione, rappresentato dalla carenza di capacità delle infrastrutture e quindi dalla necessità prioritaria di potenziare piste, piazzali, terminal e accessibilità agli scali, come avvenuto in ogni altra regione in Italia e in Europa (da nessuna parte, a livello nazionale e internazionale, è stata data tanta importanza alla forma di gestione delle infrastrutture piuttosto che alla creazione delle stesse infrastrutture).

L’aspetto gestionale risultava secondario perché qualunque fosse stato il soggetto responsabile dei due scali toscani (soggetto unico o separato, privato o pubblico), non sarebbe variata l’agenda delle cose da fare per creare un sistema regionale funzionale, con il recupero del ritardo infrastrutturale e quindi la realizzazione delle opere, a cominciare dalla nuova pista di Firenze senza la quale sarebbe venuto meno uno dei cardini del sistema e quindi il sistema stesso. L’aspetto gestionale era secondario perché qualunque fosse il gestore del sistema, non variava la specializzazione possibile nei ruoli degli scali di Pisa e Firenze.

Dare la priorità all’aspetto gestionale e societario rispetto agli adeguamenti infrastrutturali appariva inopportuno perché le difficoltà nel perseguire tale proposito (per le diverse interpretazioni che ne venivano date, le resistenze politiche e campanilistiche, l’assetto anomalo del sistema, le differenti condizioni di funzionalità in cui erano tenuti i due scali) prefiguravano tempi indefiniti e quindi ulteriori ritardi nell’attuazione dei piani concreti di potenziamento della capacità aeroportuale, com’è infatti avvenuto per i progetti dello scalo fiorentino tenuti fermi per tanti anni perché espressamente vincolati dalla Regione alla creazione del soggetto unico gestore, poi concretizzatosi nel 2015.

Con la nascita della società unica, attuata dal soggetto privato che ha potuto superare le resistenze e difficoltà del gestore pubblico, l’aspetto gestionale ha trovato il suo assetto definitivo. Con tale nuovo assetto quindi oggi il sistema aeroportuale toscano deve colmare le proprie “antiche” carenze di capacità infrastrutturale, realizzando le opere progettate e attese da tanto tempo, e proseguire nelle specializzazioni di massima tra i due scali di Firenze e Pisa secondo le note possibili sinergie operative.

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